BIOGRAFIA

 

Di Cecco d’Ascoli si conoscono con certezza la data ed il luogo della morte (16 settembre 1927 a Firenze), ma non con la stessa sicurezza la data ed il luogo di nascita: per la data di nascita si è parlato del 1269 e per il luogo di nascita di Ancarano. Di certo si sa che nasce da Simone degli Stabili e vive ad Ascoli Piceno presso Porta Romana, dove trascorre gli anni della giovinezza. Successivamente vive a Bologna tra il nel 1318 e il 1324, dove è testimone in due processi dei quali c’è rimasta notizia; nel 1318 probabilmente è ancora studente (per cui la data di nascita andrebbe spostata molto in avanti) e nel 1324 è sicuramente docente di astronomia, professione esercitata a Bologna già nel 1322.

La formazione dello Stabili riguarda soprattutto l’astronomia, l’astrologia e la medicina, discipline che avrebbe appreso probabilmente ad Ascoli e in seguito a Salerno presso la celebre Scuola medica Salernitana, di cui però non si possiedono testimonianze attendibili. Il gesuita Appiani, che per secoli è stata la fonte privilegiata dalla quale i biografi ricavavano le notizie sulla vita dell’ascolano, sostiene che Cecco, prima di intraprendere la carriera di professore a Bologna, fu al servizio di papa Giovanni XXII ad Avignone e, successivamente, a Firenze nella prima decade del ’300, città nella quale egli avrebbe conosciuto Dante personalmente, prima che questi fosse esiliato.

Negli anni dell’insegnamento a Bologna Cecco compone la sua prima opera, ovvero il Commentarium al Tractatus de Sphera dell’astronomo inglese John Holywood (italianizzato in Giovanni Sacrobosco). Il 16 Dicembre del 1324 questo scritto gli procura una prima condanna da parte dell’inquisitore domenicano Lamberto da Cingoli, per le teorie astrologiche in contrasto con la Fede e perché Cecco vi include un oroscopo di Cristo. A causa della condanna Cecco viene rimosso dal suo ruolo di professore, è costretto a consegnare tutti i suoi libri di astrologia, a pagare un’indennità in denaro e a espiare la colpa con la preghiera. Tuttavia, grazie alla popolarità di cui gode fra i suoi studenti, poco dopo viene reintegrato nello studium fino a quando, tra il 1325 e il 1326, è nuovamente rimosso dall’incarico e si lega alla famiglia romana dei Colonna, a cui sono riservate parole di elogio nelle sestine de L’Acerba. Nello stesso periodo si sposta a Firenze dove prende servizio presso Carlo, duca di Calabria, come astrologo e medico di corte. Carlo è un d’Angiò, suo padre Roberto è re di Napoli ed il titolo duca di Calabria è il tradizionale titolo dell'erede al trono del Regno di Napoli .

In quegli anni inizia (o prosegue) la composizione de L’Acerba, poema didascalico in sestine (chiamate "mosse" dall’autore) rimasto incompiuto al V libro a causa della condanna di Cecco al rogo. Ne L’Acerba, oltre ai frequenti attacchi polemici contro la Commedia dantesca, sono raccolte nozioni enciclopediche sulla scienza del tempo, riguardanti questioni di etica, astronomia, astrologia, medicina, meteorologia, fisica nonché un compendio sulla tradizione medievale dei bestiari e dei lapidari moralizzati. Per quanto riguarda il titolo i critici letterari, nel tempo, hanno attribuito al titolo “L’Acerba” molti significati, ma dopo l'edizione critica a cura di Marco Albertazzi (2002) si è evidenziato che il termine Acerba è la  riduzione del titolo completo di Acerba etas, "acerba vita". Cecco ha inteso riferirsi alle questioni inerenti alla vita mondana, che è appunto acerba rispetto a quella matura raggiungibile soltanto dopo la morte. Rileggendo comunque gli “ATTI DEL I CONVEGNO DI STUDI SU CECCO D’ASCOLI” -23-24 Novembre 1969, dove è riportato anche l’intervento del professor Alberto Cettoli, appare chiaro che anche il professore è giunto ad una analoga conclusione.

Di Cecco ci resta anche uno sparuto numero di sonetti, alcuni dei quali in corrispondenza col celebre poeta e giurista Cino da Pistoia, il Commento all’opera De principiis astrologiae dell’astronomo arabo Alcabitius, composto quasi sicuramente dopo il commento alla Sphera, e il trattato De eccentricis et epicyclis,breve conversazione astrologica che si dice fosse la prima lezione universitaria tenuta a Bologna.

Alcune fra le altre opere di cui si ha testimonianza, ma che risultano perdute sono:

De morbis cognoscendis ex aspectu astrorum, probabilmente un commento ai Pronostici di Ippocrate.

Commentarii in Logicam: la “logica” era uno degli argomenti trattati nella facoltà di medicina e, a Salerno, era un insegnamento propedeutico che durava ben tre anni.Quindi trattasi di un’opera giovanile di Cecco all’inizio del suo insegnamento universitario nella facoltà di medicina di Bologna.

Epistula seu tractatus de qualitate planetarum sarebbe una lettera didattica indirizzata al Cancelliere di Bologna perché esprima il suo parere sul dibattuto problema della costituzione dei cieli.

La seconda condanna: secondo i resoconti dell’Inquisizione Cecco era phisicus et familiaris di Carlo di Calabria dal Marzo 1327, con uno stipendio di tre once annuali. A Luglio dello stesso anno un messaggero viene inviato a Bologna per ricevere una copia della sentenza di condanna del 1324 e, insieme ad essa, l’Inquisitore fiorentino frate Accursio fa trascrivere anche la Sphera, opera che Cecco porterà sul rogo insieme a un altro libro in volgare, da identificarsi con L’Acerba. Dopo aver trascorso due mesi in carcere, Cecco viene condannato e arso vivo il 16 settembre 1327. Tra i giudici che si occupano di redigere la condanna risulta stipendiato anche un altro celebre poeta: Francesco da Barberino.
I documenti sulla sua condanna da subito furono copiati e volgarizzati e godettero di una grande diffusione, che ne alterò per sempre il testo originale e, di conseguenza, la possibilità di risalire alle reali cause del suo processo.Tale penuria di documenti ha contribuito ulteriormente al diffondersi di notizie inverosimili sulla morte dell’ascolano, leggendaria almeno quanto la sua vita e al culto di Cecco nei secoli successivi come vittima dell’invidia e dell’inquisizione.

Dalle opere rimaste di Cecco è difficile comprendere i motivi che portarono l’inquisitore fiorentino alla condanna per eresia: accanto ad affermazioni di dubbia ortodossia figurano attestazioni di fiducia nella Chiesa e di adesione ai principi della fede cattolica.

Si cercarono quindi fin da subito altre concause che avessero favorito la condanna o che ne avessero accelerato l’esecuzione. Una ipotesi fu la seguente: Cecco, richiesto dal Duca di Calabria per un oroscopo sulle sorti della figlia Giovanna, predisse per lei un futuro dedito alla lussuria (cosa che in realtà risultò vera), provocando le ire del Duca e la conseguente persecuzione dell’inquisitore Accursio.

In realtà forse la motivazione politica è quella più verosimile. In quegli anni i  processi per eresia avevano tutti una motivazione politica e quello di Cecco non sfuggì a questa regola. Ludovico il Bavaro stava scendendo in Italia per farsi incoronare imperatore a Roma. Cecco veniva giudicato, a ragione o a torto, un fautore dell’imperatore in una città, Firenze, che temeva Ludovico e soprattutto il suo alleato Castruccio Castracani che già aveva conquistato Pistoia e minacciava Firenze.

D’altra parte a riprova del legame fra Cecco e i ghibellini di Ludovico il Bavaro sta il fatto che lo stesso Ludovico fu poi incoronato a Roma nel 1328 da Sciarra Colonna appartenente alla famiglia Colonna, amica di Cecco

Una leggenda popolare vuole che Cecco, salito sul rogo, ascoltasse i capi di accusa contro la sua persona e difendesse le proprie idee anche di fronte al supplizio imminente con la frase «L’ho detto, l’ho insegnato, lo credo!». Tale fierezza ha reso Cecco il personaggio ideale anche per intitolazione di correnti letterarie o per l’introduzione ad alcune opere. Due esempi su tanti:

Lacerba è una rivista letteraria fondata da Giovanni Papini e da Ardengo Soffici nel 1913 e che fu pubblicata fino al Maggio del 1915. Il titolo fu pensato a ricordo  proprio dell’opera di Cecco d’Ascoli, scherzosamente deformato senza l’apostrofo,  ma come sottotitolo c’è il verso dell’Acerba  “Qui non si canta al modo delle rane” . La rivista “Lacerba” perciò si presenta come contestatrice del mondo letterario contemporaneo come “L’Acerba” di Cecco si presentava contestatrice della Divina Commedia. 

In epoca più recente la scrittrice Oriana Fallaci nell’opera “La forza della ragione” dedica il Prologo alla storia di Cecco d’Ascoli (ricavata da una cronaca del 1782) e questo perché poi nell’introduzione lei stessa si paragona allo scrittore ascolano, con il quale condivide la colpa di dire la verità.

Cecco viene quindi ritratto come un eroe, precorritore dei tempi moderni, ingiustamente perseguitato per la convinzione con la quale affermava la propria dottrina.

 

Bibliografia

·         AA. VV., Atti del primo convegno di studi su Cecco d’Ascoli, Ascoli Piceno, Palazzo dei Congressi, 23-24 novembre 1969, a c. di B. Censori, Giunti Barbera, Firenze 1976.

·         AA. VV. Cecco d’Ascoli Grafiche Cesari Ascoli Piceno 1990 (realizzato dalla I.P.G.)

·         Serafino Castelli Cecco d’Ascoli bruciato vivo a Firenze il 16 settembre 1327 Un processo truccato

·         Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze  (www.eriticopedia.org)